sabato 2 febbraio 2013

Direttori e dintorni

Ricordo esattamente il momento in cui ho deciso quale avrei desiderato fosse l'argomento della mia tesi di laurea in Musicologia. Era una domenica d'inizio primavera. Chiusa nella mia stanza, avevo nelle orecchie (proprio letteralmente: nelle orecchie) le cuffie che diffondevano a tutto volume le note di Carmen di Bizet. Non so se nello specifico si trattasse del primo "Entr'acte" o di quale altra aria ma, rapita dalla carica che sprigiona tale opera, mi immedesimavo in un direttore d'orchestra compiendo gesti in aria con le mani, mimando le coloriture, invitando i vari gruppi di strumenti ad onorare la partitura. Non era la prima volta che mi accadeva, ma quella domenica una scintilla si è accesa: ecco di cosa voglio parlare, della direzione d'orchestra. In particolare, ho pensato, tratterò delle differenti interpretazione che di una stessa opera o pagina musicale ne danno i direttori d'orchestra, delle motivazioni estetiche e delle conseguenze. Nella realtà, poi, le cose sono andate un po' diversamente, in quanto l'argomento effettivo che avrei trattato era sì, inerente alla direzione d'orchestra, ma limitato alla grande figura di Whilelm Furtwaengler. Personaggio molto interessante nonché controverso, oltre che, a mio avviso, sfruttato dal Regime nazista per far apparire quest'ultimo sorretto e promosso da un direttore di acclarata fama. E mentre studiavo le sue vicende biografiche pensavo che essere nato in un tale periodo storico è stata forse la sua sfortuna, soprattutto se vi sono persone che non riescono ad andare oltre le apparenze e si accontentano di credere a ciò che il Regime voleva far credere. Del resto, riconosco che se a ognuno venisse chiesto il primo nome di direttore d'orchestra che passa per la mente certo non sarebbe Furtwaengler il vincitore del sondaggio. Altri nomi vanno per la maggiore, complice la potenza mediatica con cui i maestri di oggi riescono ad attuare e divulgare la loro opera.  Muti, Abbado, Metha, Maazel, Baremboim, ecco i nomi più in auge, secondo me. Proprio di Baremboim ho iniziato a leggere l'ultimo libro e già dalle prime pagine si comprende benissimo ciò che l'autore vuole trasmettere: la complementarietà tra musica e realtà, tra musica e vita. È troppo presto per dare un'opinione sul libro in questione ma trovo che la descrizione dell'interazione tra musica e silenzio sia assai significativa. Bene, recensione del libro a lettura avvenuta!

domenica 20 gennaio 2013

Folgorazioni

Ci sono delle canzoni che appena le ascolti ti folgorano. A me è successo un sacco di volte, anzi di più. Passo dei periodi anche lunghi senza avere stimoli, ascoltando sempre la stessa musica, e poi tadan!, ecco che arriva la meteora che mi colpisce. E' una sorta di colpo di fulmine musicale, dove le note le sento davvero, e non sono solo nella  mia testa come quando Cupido scocca la famosa freccia. Già, perchè anche in quel caso si sentono davvero...
L'ultima della serie è "Sabor a ti" di Zucchero, tratta dal suo ultimo cd, "La sesion cubana". Nel preciso istante in cui sto scrivendo, sono arrivata a quota diciassette riproduzioni. Entro un'ora saranno più che raddoppiate. Del resto quando mi fisso su un brano poi lo consumo, quasi fino a non poterne più. Come nella (mia) migliore tradizione, questo pezzo non può che essere mooolto nostalgico, malinconico, romantico, dolce, accattivante fin dalle prime note. Anzi, forse può risultare anche fin troppo triste, ma è risaputo che il mio genere è sullo stile "adesso mi taglio le vene". Scherzo... ma non troppo :)
Ritmo latino, suadente, regala suggestioni che portano davvero direttamente in riva ad una spiaggia cubana, con il suono delle onde in sottofondo e la luna, richiamata nel testo, che brilla complice nel cielo caraibico. Se ho capito bene, si tratta di un inedito, non di un rifacimento di qualche sconosciuto pezzo di chissà quale artista dimenticato da Dio. Beh, io non amo particolarmente Zucchero, ma qui devo dire che è stato proprio grande. In effetti, lo apprezzo soprattutto nelle ballate, come questa appunto. Anzi, secondo me è questa la migliore.
Beato il momento in cui ho deciso di regalare il cd in questione ad un amico, sennò probabilmente questa canzone non l'avrei mai conosciuta. In effetti, le scoperte migliori che mi capita di fare a proposito di musica avvengono anche un po' per caso. E di solito sono scoperte di musiche pressochè sconosciute: sarà forse perchè ho dei gusti "un poco" strani?!


domenica 13 gennaio 2013

Cosa farai da grande?

Venerdì sera mi è venuta una folgorazione: perché non provare ad inviare il mio curriculum ad un ufficio legale di qualche ospedale? Magari quello della mia città? Non come avvocato, perché non lo sono e non ho nemmeno svolto la pratica, ma come ricercatrice o consulente o chissà che diavolo di qualifica. Formalmente un inquadramento si potrebbe trovare, la cosa difficile sarebbe entrarvi, che ci sia effettivamente l'ufficio legale di cui sopra e che abbia necessità di una figura del genere. Del resto quando avrò terminato la scuola che sto frequentando sarò specializzata, e spero servirà a qualcosa questo titolo. Anche se è ovvio che non è automatico nè una garanzia, anzi.
Mi piacerebbe davvero molto lavorare in quell'ambiente. Quando ero piccola a chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande rispondevo senza esitazione "Medicina". Poi la vita mi ha in qualche modo impedito fisicamente di intraprendere quella facoltà, ma il fascino che l'ambito ospedaliero ha esercitato ed esercita su di me è sempre notevole e costante. E non solo per quel vecchio luogo comune che afferma "il fascino della divisa" (che, per inciso, sottoscrivo in pieno: la divisa affascina eccome e in tutti i settori per i quali sia prevista), ma quanto per quello strano brivido che mi percorre quando metto piede in un ospedale o quando vedo qualche immagine relativa ad esso. Non lo so spiegare nè razionalizzare, però lo provo. Sarà un po' anche per quello che lunedì a mezzanotte sarò in pole position davanti alla tv, sintonizzata su Real Time, per guardare una nuova serie, "24 ore al pronto soccorso". Magari si rivelerà una stupidata o magari no, certo è che non me lo perderò.
Se potessi fare Medicina vorrei specializzarmi in medicina d'urgenza e pronto soccorso: branca difficile e carica di un'immensa responsabilità, ma altrettanto eccitante e stimolante. Nel senso positivo dei termini, pensando ai pazienti. Quattro anni fa sono andata al pronto soccorso per un piccolo problema e mentre ero lì, nonostante fossi letteralmente angosciata da ciò che mi stava accadendo, la mia attenzione, o quella parte ancora curiosa e vigile, era attratta dall'andirivieni del reparto e ricordo che pensavo che avrei voluto inventare un nuovo posto di lavoro che mi permettesse di restare lì semplicemente ad osservare quanto accadeva. Non credo, anzi, sono certa che non sia morbosa curiosità verso le disgrazie altrui, e probabilmente rimarrei impressionata al primo taglio  (superficiale) che vedrei, ma è tutto il contorno che mi attrae. Può essere che essendo cresciuta guardando "E.R. medici in prima linea" con il bel George abbia un'idea un po' distorta del reparto d'urgenza, ma l'adrenalina in alcuni momenti è sicuramente al massimo, così come devono esserlo l'attenzione, la prontezza di riflessi, il sangue freddo, la sicurezza.
Vabbè, magari nella prossima vita diventerò medico, anche se c'è già un altro mestiere per il quale ho già pensato di impegnare la prossima esistenza: quello della direttrice d'orchestra. Ma questa è tutta un'altra storia...

venerdì 11 gennaio 2013

Eccomi qui

Quando mi hanno consigliato "Ale! Tieni un blog!", di getto ho risposto negativamente, perché non avrei saputo cosa scrivere e non sarei stata minimamente costante. Dopo qualche giorno, come una pulce che si era insediata silenziosa nel mio orecchio, l'idea del blog mi è tornata alla mente, apparendomi interessante: in fondo non mi dispiace scrivere e poi non ho certo l'obbligo di farlo ogni giorno come fosse un diario.
Così, eccomi qui... Il nome l'ho scelto pensando semplicemente al fatto che sarò io e solo io a scrivere, per come sono e per ciò che penso. Insomma, mi presento: io sono Ale.
Ale sta per Alessandra. Ma preferisco essere chiamata Ale, è più immediato e leggero, quasi simpatico direi.
Cosa scriverò? Non ne ho la minima idea. Quanto scriverò? Non ne ho la minima idea.
Però proviamoci!